METAMORFISMO DELLA NEVE ASCIUTTA NEL MANTO NEVOSO

All'interno del manto nevoso la varietà di forme è molto limitata in quanto queste sono isolate dalle particelle adiacenti e per il fatto che le condizioni fisiche circostanti variano lentamente. In questo paragrafo vengono descritti i processi fisici e le forme dei cristalli riscontrabili nel manto nevoso. Il termine metamorfismo comprende le variazioni di forma dovute alla temperatura (flusso di calore) e alla pressione di sovraccarico. Tuttavia nel manto nevoso, da cui si formano le valanghe, queste mutazioni sono dovute quasi interamente al flusso di calore presente all'interno. La pressione di sovraccarico ha l'effetto di addensare la neve ridefinendo la struttura dei grani . Essa ha un ruolo importante nell'accelerare il metamorfismo attraverso la formazione di grani arrotondati. La pressione governa le variazioni di forma solo nel caso in cui l'addensamento della neve vada oltre i normali limiti riscontrabili nella neve stagionale, come ad esempio la neve di nevato su ghiacciai più vecchia di un anno.

Un'importante differenza tra la formazione di cristalli di neve nell'atmosfera e il metamorfismo della neve nel manto nevoso al suolo è data dal grado di supersaturazione dell'aria che circonda i cristalli. Nel manto nevoso l'aria presente nei pori è leggermente supersatura, con tipici valori inferiori all'1%. Nell'atmosfera la supersaturazione rispetto al ghiaccio può variare dallo 0% al 50% o più. Per i cristalli di neve che si formano nell'atmosfera la temperatura è il fattore primario che determina la forma dei cristalli, mentre la supersaturazione rappresenta un fattore secondario. Per il manto nevoso il gradiente termico rappresenta il fattore più importante.

In questo caso il flusso di calore e la velocità di formazione dei cristalli sono maggiormente legati alla diffusione del vapore nei pori; quest'ultimo processo è controllato dal gradiente termico. Il processo di diffusione del vapore opera nel modo seguente. In un tipico manto nevoso asciutto la temperatura è vicina a 0°C sul fondo, a causa del calore accumulatosi durante l'estate e del riscaldamento geotermico. La temperatura si abbassa risalendo verso la superficie, essendo questa esposta all'aria fredda dell'inverno. Poiché l'aria calda satura può trattenere una maggiore quantità di vapore che non l'aria fredda satura, si avrà una maggiore tensione di vapore acqueo nei pori della neve presente sul fondo del manto, con il risultato che il vapore acqueo sarà costretto a risalire. Quest'ultimo risale in superficie attraverso i pori, partendo da un cristallo per condensarsi su uno più in alto. Dunque il movimento del vapore e del flusso di calore avvengono verso l'alto attraverso un processo "corpo a corpo" nella neve asciutta. La velocità di spostamento determina le forme dei cristalli che si sviluppano in questo processo di ricristallizzazione

Riguardo ai bassi valori di supersaturazione rilevabili nel manto nevoso, esiste un forte legame tra la velocità di crescita e le forme dei cristalli (in questo testo i termini "cristalli" e "grani" vengono usati in modo intercambiabile per designare le singole particelle di ghiaccio). La velocità di formazione e le forme dei cristalli nel manto nevoso dipendono da tre importanti variabili:

1) gradiente termico,

2) temperatura,

3) dimensione dei pori.

Di queste tre variabili il gradiente termico è quella più importante ai fini di determinare la forma dei cristalli. Il metamorfismo dei cristalli nel manto è governato dal gradiente di densità del vapore ivi presente. La tensione di vapore di equilibrio su una superficie ghiacciata è una funzione non lineare della temperatura e del gradiente termico.

Il problema è incentrato sui gradienti termici (più che sui gradienti di tensione del vapore), in quanto le temperature vengono normalmente misurate dagli studiosi delle valanghe. In genere le maggiori velocità di formazione dei cristalli vengono rilevate in presenza di elevati gradienti termici, alte temperature e ampi spazi vuoti tra i cristalli. Queste condizioni generano grani angolari o sfaccettati che in seguito possono sviluppare gradini e striature sulla loro superficie, dando vita infine a cristalli a calice di grandi dimensioni, pure chiamati brina di profondità.

All'altro estremo le basse velocità di formazione creano forme arrotondate. Le minori velocità di crescita si hanno con bassi gradienti termici, cristalli molto compattati e temperature inferiori. Nel manto nevoso le basse velocità di formazione sono sempre associate a bassi gradienti termici ed elevate temperature, e questo per il fatto che temperatura e gradiente termico sono strettamente legati: di solito si hanno bassi gradienti termici con alte temperature. Il fatto che con elevate temperature del manto nevoso si abbiano sia cristalli sfaccettati (brina di profondità) che i cristalli perfettamente arrotondati dimostra che il gradiente termico è più importante della temperatura nel condizionare le forme dei cristalli nella neve. Il gradiente termico critico necessario per creare cristalli sfaccettati nella neve è pari a 10 °C/m ; al di sotto di questo valore cominciano ad apparire forme arrotondate. Con il diminuire della temperatura nella neve cresce rapidamente il grado di supersaturazione adiacente alla superfici dei cristalli. questo dovrebbe favorire una formazione di sfaccettature e spigoli sui grani di neve simile alla formazione di cristalli nell'atmosfera.

Tuttavia, in presenza di temperature inferiori la velocità di crescita rallenta. Dunque nella neve fredda le sfaccettature si formano lentamente; in quasi tutte le condizioni la velocità di crescita è abbastanza elevata da formare cristalli a calice di grandi dimensioni (brina di profondità) solo vicino al terreno (dove solitamente si hanno temperature elevate).

Quindi il concetto unificante nella neve è la velocità di crescita: con elevate velocità di crescita si formano cristalli sfaccettati, con basse velocità si hanno cristalli di forma arrotondata. Superiori velocità comportano elevati gradienti termici, cristalli più grandi e pori di grandi dimensioni, mentre le velocità di crescita maggiori si hanno con temperature relativamente più elevate (sul fondo del manto nevoso). Velocità di crescita inferiori comportano invece minori gradienti termici (con conseguenti alte temperature del manto nevoso) e pori di piccole dimensioni.

Generalmente i cristalli che si formano con alte velocità di crescita danno vita a neve fragile e instabile che spesso è causa di seri pericoli di valanghe.

Tra gli esempi vi sono brina di superficie, ricristallizzazione per irraggiamento, neve sfaccettata e brina di profondità. Gran parte di questi tipi di cristalli si forma in climi freddi caratterizzati da alti gradienti termici e persistenti condizioni d'instabilità dovute al freddo. I cristalli che si formano in queste condizioni sono responsabili del distacco di valanghe che ogni anno fanno numerose vittime. Gli sci alpinisti dovranno dunque fare molta attenzione quando questa situazione è presente nel manto nevoso. Purtroppo, nell'ambito degli studi sulle valanghe, la velocità di crescita con cui si formano i cristalli non viene rilevata. I tecnici esaminano invece le classi di cristalli formatisi ad alte velocità, oppure misurano i gradienti termici. I cristalli con elevate velocità di crescita si formano perlopiù nei climi freddi continentali, ma non solo. Ad esempio gli Stati Uniti presentano diversi climi nevosi e diverse aree di rischio, ma non è una sorpresa il fatto che il Colorado, che ha un clima continentale, abbia il maggior numero di vittime .

Le dimensioni e la geometria dei pori rappresentano un altro importante fattore per determinare le forme dei cristalli. Pori di grandi dimensioni offrono condizioni favorevoli per la formazione di sfaccettature, mentre piccoli pori danno vita a cristalli di forma arrotondata, o perlomeno impediscono la formazione di cristalli sfaccettati di grandi dimensioni. E anche possibile che si formino cristalli sfaccettati in grandi spazi vuoti quando i cristalli vicini assumono la forma arrotondata. Nei climi ove alla base del manto nevoso si ha la formazione di brina di profondità, laddove è necessario si usa camminare sui pendii all'inizio della stagione in modo da compattare i cristalli di neve. In effetti questo contribuisce a ridurre le dimensioni dei pori e quindi a prevenire la formazione di brina di profondità; ovviamente con questo processo viene compressa anche la brina già presente.

 

Non sempre la brina di profondità presenta una struttura fragile. Quando la neve a grani fini con densità di circa 350 kg/m3, o più, è soggetta a un forte gradiente termico, nei pori si formano minuscoli cristalli sfaccettati che "incollano" tra di loro i grani, aumentando così resistenza e durezza. È inoltre stato osservato che il processo di ricristallizzazione in presenza di elevati gradienti termici sembra verificarsi più rapidamente alle elevate altitudini: può darsi che la minore densità dell'aria nei pori favorisca una più rapida diffusione del vapore acqueo.
Un esempio di brina di profondità
Le "forme mescolate" comprendono cristalli arrotondati con sfaccettature o cristalli sfaccettati con arrotondamenti; essi si formano con velocità di crescita intermedie e con un gradiente termico vicino a 10 °C/m. Il termine preferito con cui i tecnici descrivono i cristalli che si formano alle più basse velocità di crescita è "forme arrotondate" o semplicemente "sfere" ; per i cristalli che si formano alle velocità più elevate il termine è invece "forme sfaccettate" o "sfaccettature". Gli studiosi di cristalli designano anche queste forme rispettivamente con i termini "forme in equilibrio" e "forme cinetiche". Le ricerche di laboratorio sui singoli cristalli dimostrano però che la forma in "equilibrio" è in realtà una piastra di forma esagonale con bordi affilati formatisi alle basse temperature (sotto -10 °C circa) e arrotondati a temperature superiori. Ci sembra quindi che il termine "cristalli arrotondati" descriva in modo più preciso le forme alle basse velocità di crescita osservabili nel manto nevoso con temperature elevate.
In questo profilo penetrometrico si nota una zona a cristalli angolari estremamente debole, tale da formare un piano di scorrimento

Nei testi di carattere divulgativo, il termine "metamorfismo per equitemperatura" viene utilizzato per descrivere il processo di formazione delle forme arrotondate, mentre il "metamorfismo per gradiente termico" descrive lo sviluppo delle forme sfaccettate. Poiché i gradienti termici influenzano notevol mente la velocità di crescita, e quindi la forma dei cristalli, e dal momento che in un manto nevoso è pressoché impossibile avere condizioni di equitemperatura, l'uso di questi termini è poco consigliabile. In genere la dimensione dei cristalli osservabili all'interno del manto nevoso dipende dall'età e dalle condizioni fisiche che ne determinano la velocità di crescita.

I cristalli più grandi sono sovente formati da brina di profondità, in quanto sono presenti da più tempo e si formano alle velocità più elevate. I cristalli più piccoli si formano invece quando la velocità di crescita è inferiore in seguito a condizioni di basso gradiente termico e di manto nevoso molto compattato (piccoli pori), con il vento che inizialmente crea neve a grani fini e piccoli. La dimensione dei cristalli di neve è un elemento importante ai fini della loro identificazione sul campo.

Quando si tratta di identificare i cristalli, gli studiosi più esperti per prima cosa cercano di determinarne la dimensione, dal momento che questo fattore fornisce importanti indicazioni sulla velocità di formazione e quindi la forma presunta dei cristalli stessi.