da Neve di Maxence Fermine - 


1.
Yuko Akita aveva due passioni.
L'haiku.
E la neve.
L'haiku è un genere letterario giapponese. È una breve poesia di tre versi e diciassette sillabe. Non 
una di più.
La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. 
Questa poesia arriva dalla labbra del cielo, dalla mano di Dio.
 
Ha un nome. Un nome di un candore smagliante.
Neve.
 
 

2. 
Vento invernale
Un monaco scintò
Cammina nel bosco
                     Issa 
 
Il padre di Yuko era un monaco scintoista. Viveva nell'isola di Hokkaido, nel Giappone del nord, lì 
dove l'inverno è più lungo e rigido.
Insegnò al figlio la potenza delle forze del cosmo, l'importanza della fede e l'amore per la natura. 
Gli insegnò altresì l'arte di comporre haiku.
Un giorno dell'aprile 1884, Yuko compì diciassette anni. A sud, a Kyushu, cominciavano a fiorire i 
primi ciliegi. Nel Giappone del nord il mare era ancora gelato.
L’istruzione etica e religiosa del ragazzo era ormai ultimata. Era venuto per lui il momento di 
scegliersi un mestiere. Da molte generazioni i membri della famiglia Akita si dividevano tra 
religione e esercito. Ma Yuko non voleva diventare né monaco né guerriero.
“Padre,” disse il mattino del suo compleanno, in riva al fiume argentato, “voglio diventare poeta.”
Il monaco aggrottò la fronte in modo quasi impercettibile ma tuttavia rivelando una delusione 
profonda. Il sole si rifletteva nelle increspature dell'acqua. Un pesce-luna passò tra le betulle e poi 
svanì sotto il ponte di legno.
“La poesia non è un mestiere. È un passatempo. Le poesie sono acqua che scorre. Come questo 
fiume.”
Yuko tuffò lo sguardo nell'acqua silenziosa e lesta. Poi si voltò verso il padre e disse: 
“È esattamente quello che voglio fare. Imparare a guardare il tempo che scorre.”
 
 

3.
Si spacca la brocca d’acqua
(Stanotte ha gelato)
Mi desta.
 Bashô
“Cos'è la poesia?” domandò il monaco.
“È un mistero ineffabile,” rispose Yuko.
Un mattino, il rumore della brocca dell'acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di 
poesia, risveglia l'animo e gli conferisce la sua bellezza. È il momento di dire l'indicibile. È il 
momento di viaggiare senza muoversi. È il momento di diventare poeti.
Non abbellire niente. Non parlare. Guardare e scrivere. Con poche parole. Diciassette sillabe. Un 
haiku. Un mattino, ci si sveglia. È il momento di ritirarsi dal mondo, per meglio sbalordirsene.
Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere.
 
 

4.
 La prima cicala
Disse lui, e
Pisciò.
          Issa
Passarono i mesi. Nell'estate del 1884, Yuko scrisse settantasette haiku, uno più bello dell'altro.
Un mattino di sole sbiadito una farfalla gli si posò sulla spalla e vi lasciò una labile traccia di stelle, 
che la pioggia di giugno lavò via. 
Talvolta, nell'ora della siesta, andava ad ascoltare il canto delle raccoglitrici di tè. 
Un altro giorno trovò davanti alla porta una lucertola morta.
Per il resto del tempo non successe nulla.
Quando tornarono i primi giorni d'inverno, fu di nuovo in ballo il futuro di Yuko.
Un mattino di dicembre, il padre lo condusse ai piedi delle Alpi giapponesi, nel cuore della 
provincia di Honshu, gli indicò una cima, ammantata di nevi eterne, gli diede una bisaccia colma di 
provviste, una pergamena di seta, e gli disse: 
“Torna solo quando saprai. Guerriero o monaco. A te la scelta.”
Il ragazzo scalò la montagna, incurante del pericolo e della fatica. Giunto in 
cima trovò un riparo sotto una roccia. Si sedette al cospetto dello splendore del mondo.
Rimase così per sette giorni, a nutrirsi di bellezza alle porte del cielo. Sulla pergamena di seta 
scrisse una parola sola, una parola di un candore smagliante.
Quando tornò dal padre, questi gli domandò:
“Yuko, hai trovato la tua strada?”
Il ragazzo si inginocchiò e disse:
“Meglio ancora, padre. Ho trovato la neve.”
 
 

5.
Su questa landa innevata
Morte ci fa
Budda di neve.
              Chôsui
La neve è una poesia. Una poesia di un candore smagliante.
In gennaio ricopre la metà settentrionale del Giappone.
Lì dove viveva Yuko la neve era la poesia dell'inverno.
Contro il volere del padre, nei primi giorni del gennaio 1885 Yuko intraprese la carriera di poeta. 
Decise di scrivere solo per celebrare la bellezza della neve. Aveva trovato la propria strada. Sapeva 
che quella vita sfolgorante non l’avrebbe mai stancato.
 
Nei giorni di neve prese l'abitudine di uscire assai presto di casa e incamminarsi verso la montagna. 
Per comporre le sue poesie andava sempre nello stesso posto. Si sedeva a gambe incrociate sotto un 
albero e rimaneva così per ore e ore, vagliando in silenzio le diciassette sillabe più belle del mondo. 
Poi, quando infine sentiva di possedere la sua poesia, la vergava su carta di seta.
Ogni giorno una nuova poesia, una nuova ispirazione, una nuova pergamena. Ogni giorno un 
paesaggio diverso, una luce nuova. Ma sempre l'haiku e la neve. Fino al calar della notte.
Rientrava sempre per la cerimonia del té.
 
 

6.
Giocando al volano
Ingenue
Divaricano le gambe
                Taigi 
Ma una sera Yuko non rientrò.
Era una notte di luna piena. Ci si vedeva come in pieno giorno. Un esercito di nuvole soffici come 
fiocchi venne a mascherare il cielo. Erano migliaia di guerrieri bianchi che si impadronivano del 
cielo. Era l'esercito della neve. 
Yuko, seduto nel chiaro di luna, assistette in silenzio al loro irrompere. 
Rincasò solo alle prime luci dell'alba.
Per strada, nella pallida frescura del sole, incontrò una ragazza che attingeva acqua alla fontana.
La ragazza si chinò sulla fonte, la sua tunica si dischiuse all'altezza dell’ascella e svelò un seno 
bianco come la neve.
Poco più tardi, in camera, Yuko si toccò la fronte: era calda come una scodella di sakè bollente.
Si addormentò, con in mano il sesso eretto, come un peperoncino rosso.
Fuori gelava.
 
 

7.
Il freddo è acuminato
Bacio un fiore di prugno
In sogno.            
Sôseki     
La neve possiede cinque caratteristiche principali.
È bianca.
Congela la natura e la protegge.
Si trasforma continuamente.
È sdrucciolevole.
Si muta in acqua.
Quando ne parlò al padre, questi vi trovò solo aspetti negativi, come se la strana passione del figlio 
per la neve gli rendesse l’inverno ancor più ostile.
“È bianca; pertanto è invisibile e non merita di essere.
 Congela la natura e la protegge; la superba, chi si crede d’essere per pretendere di rendere statua il 
mondo?         
Si trasforma continuamente; pertanto è infida.
 
È sdrucciolevole; chi mai può provare piacere a cadere sulla neve?
Si muta in acqua; lo fa per meglio inondarci durante il disgelo.”
Yuko, invece, nella sua compagna vedeva cinque caratteristiche diverse, che appagavano il suo 
talento artistico.
“È bianca. Dunque è una poesia. Una poesia di una grande purezza.
Congela la natura e la protegge. Dunque è una vernice. La più delicata vernice dell'inverno.
Si trasforma continuamente. Dunque è una calligrafia. Ci sono diecimila modi per scrivere la parola 
neve.
È sdrucciolevole. Dunque è una danza. Sulla neve ogni uomo può credersi funambolo.
Si muta in acqua. Dunque è una musica. In primavera trasforma fiumi e torrenti in sinfonie di note 
bianche.”
“Per te è dunque tutto questo?” chiese il monaco.
“E ben altro ancora.”
Quella notte il padre di Yuko Akita capì che l'haiku non sarebbe bastato per riempire con la bellezza 
della neve gli occhi del figlio.
 
 

8. 
 
Yuko amava l'arte dell'haiku, la neve e il numero sette.
Il numero sette è un numero magico.
Si avvicina all'equilibrio del quadrato e alla vertigine del triangolo.
Yuko aveva intrapreso la carriera di poeta a diciassette anni.
Scriveva poesie di diciassette sillabe.
Possedeva sette gatti.
Aveva promesso al padre di scrivere soltanto settantasette haiku ogni inverno.
Il resto dell'anno sarebbe rimasto a casa e avrebbe dimenticato la neve.
 
 

9.
Un giorno di primavera, tornato il sole, un poeta rinomato della corte Meiji venne a sapere dei 
lavori di Yuko. Si recò nel suo villaggio, trovò la casa del padre di Yuko e lo mandò a chiamare. Il 
monaco, accorso dal vicino tempio, accolse con tutti gli onori l'alto dignitario dell'imperatore, gli 
offrì una tazza di tè e disse:
“Questa sera mio figlio tornerà dalla montagna per l'ultima volta dell'anno. Oggi è il giorno del suo 
settantasettesimo haiku. Ma, se lo desiderate, posso condurvi nel suo studio. Lì egli conserva le sue 
poesie, tutte scritte su carta di seta.”
Il poeta inalò il profumo del thè, col cuore colmo di gioia al ricordo del fausto giorno in cui lui 
stesso era stato notato da un maestro di rime e condotto davanti all'imperatore per recitargli un 
verso che aveva avuto l'onore di piacergli. Poi bevve un sorso amaro e disse:
“Mostratemi queste meraviglie.”
Il monaco lo invitò a seguirlo, e così entrarono in una stanza dai muri tappezzati di pergamene. La 
scena era di una bellezza da mozzare il fiato.
“Ecco, Maestro. Tutti gli haiku di mio figlio sono offerti al vostro giudizio.”
Il poeta avanzò con maestosa lentezza e lesse le settantasei poesie di neve che Yuko Akita aveva 
composto in quella stagione.
Quando ebbe finito, il monaco vide che aveva le palpebre imperlate di lacrime.
“È magnifico. Non ho mai letto nulla di simile. Penso che quando io non sarò più di questo mondo 
l'imperatore si degnerà di fare di vostro figlio il poeta ufficiale di corte,.”
Il padre di Yuko, al colmo della gioia, si gettò ai piedi dell'alto dignitario.
“Tuttavia,” aggiunse questi, “vi devo confessare che ci sono due cose che mi rattristano.”
Trasalendo, il monaco sollevò lo sguardo.
“Perché? Questi haiku non sono forse i più belli dopo quelli del grande Bashô?”
“L'opera è sicuramente impareggiabile. Le parole sono attinte alla fonte della bellezza. I testi 
possiedono una musicalità originale, ma sono privi di colore. La scrittura di vostro figlio è 
disperatamente bianca. Quasi invisibile. Se vostro figlio vorrà presentare le proprie opere 
all'imperatore, prima dovrà imparare a colorare le sue poesie.”
“È molto giovane, non dimenticatelo. Ha solo diciassette anni. Imparerà. Ma qual è la seconda cosa 
che vi rattrista?”
Il poeta chiese una seconda tazza di thè, andò a sedersi sulla veranda della casa e guardò la 
montagna che si stagliava nella frescura primaverile. Poi bevve un sorso amaro e disse:
“Perché la neve?”
 
 

10. 
 Quando Yuko ritornò dalla montagna e seppe che un estraneo aveva letto le sue poesie e, peggio 
ancora, le aveva gradite, fu preso da una rabbia tremenda.
“Sono soltanto delle prove. Della mia arte io non so ancora nulla.”
“Ma se già ti vogliono a corte! È un onore, un grande onore,” gli rispose il padre.
“No,” disse Yuko.” “È una vergogna.”
Quando il monaco gli ripeté per filo e per segno le parole del poeta, Yuko si infuriò.
“Ma che ne sa della pittura e dei suoi colori? Si può scrivere in diecimila maniere, si può dipingere 
una poesia in diecimila fogge, ma per me assomigliano tutte alla neve. Andrò a trovare l'imperatore 
quando avrò scritto diecimila sillabe, diecimila sillabe di un candore smagliante. Non una di meno.”
“Ma diecimila sillabe saranno cinquecentonovanta haiku! Con settantasette poesie all'anno ci 
impiegherai sette anni!”
“Vorrà dire che a corte ci andrò tra sette anni.”
Padre e figlio non parlarono più della visita del poeta imperiale.
Quella primavera, Yuko mantenne la promessa e non scrisse un singolo verso.
Si limitò a respirare il profumo dei petali di fiori di ciliegio nel giardino verde.
In estate respirò gli aromi del miele di bosco sotto lo sguardo della luna appollaiata in cima alle 
montagne.
Nei primi giorni di pioggia trovò un cantarello nel muschio vicino al fiume.
Fu un anno immobile e profumato.
 
 

11.
La pelle delle donne
Quella che celano
Quant'è calda !
             Sutejo
Il secondo inverno di poesia fu di un candore smagliante. Nevicò più del normale.
Una notte di dicembre, la ragazza della fontana lo iniziò all’amore. Aveva la pelle che sapeva di 
pesca. Yuko le baciò il seno bianco e prese tra le labbra un capezzolo, succhiandolo come fosse un 
limone di luna. Se lo tenne in bocca fino all'alba.
Durante l'inverno, Yuko scrisse settantasette haiku, uno più bello e bianco dell’altro.
Gli ultimi tre furono:
                                                             
                 Neve limpida
                 Passerella di silenzio
                 E di bellezza
                Musica di neve
                Grillo d'inverno
                Sotto i miei passi
                 Donna accovacciata
                 Che urina e fa sciogliere
                 La neve
Erano haiku.
Qualcosa di limpido. Di spontaneo. Di familiare. E di una bellezza sottile o triviale.
Per il comune dei mortali non evocavano molto. Ma per un animo poetico erano passerelle verso la 
luce divina. Una passerella verso la luce candida degli angeli.