L’addio di Gigi Panei

Nell’inverno del 1967 muore in montagna a cinquant’anni Gigi Panei. Abruzzese di nascita, valdostano d’adozione, Panei era stato uno dei primi maestri di sci di Courmayeur, aveva dedicato la sua vita alla Scuola del Monte Bianco, di cui era stato per vari anni il Direttore, e aveva formato, con generosità e determinazione, moltissimi maestri.

Gigi Panei con la sua classe
Gigi Panei con la sua classe

La disgrazia accadde verso le tredici del 22 febbraio. Un’enorme valanga si staccò dalla Cresta dell’Arp, a quota 2700 metri sopra Courmayeur, e travolse i maestri di sci Gigi Panei e Renato Rosa che insieme stavano verificando le condizioni della pista che dall’Arp porta a Dolonne, in occasione dei Campionati Italiani di sci iniziati quello stesso giorno. Nella settimana precedente era caduto oltre un metro di neve, seguito da ben quattro giorni di pioggia, e quel giorno era una giornata di sole con un caldo eccezionale per la stagione. La neve, appesantita dalla pioggia e resa instabile dal gran caldo, cedette improvvisamente. Il boato della valanga fu udito da un cameriere del ristorante «Cresta d’Arp», che aveva visto Panei e Rosa scendere nel canalone. Venne dato l’allarme e dal Plan Checrouit partirono subito i maestri, il pronto soccorso, i battipista e molti volontari. Uno dei primi soccorritori che giunsero sul luogo della disgrazia fu Luigi Glarey, maestro di sci, guida alpina e grande amico di Panei. Glarey aveva con sé Edel, un cane da valanga, e cominciò subito le ricerche. Ma sentiamo dal suo rapporto, che stilò al termine delle operazioni di soccorso, come si svolsero i fatti: “Mancavano pochi minuti alle ore 14 quando mi stavo avviando alla telecabina con i miei clienti. Di corsa mi viene incontro un dirigente delle funivie, il Sig. Lupi, il quale, bianco in volto e con voce bassa e spaventata mi dava la notizia dell’accaduto. Immediatamente mi reco al box di Edel, il cane da valanga, lo prendo con me e col fiato in gola prendo l’ovovia. Intanto sono già trascorsi 15 minuti. Scendo dall’ovovia e salgo di corsa sulla funivia: altri 7 minuti fino al Col di Joula. Ancora un cambio per il colle dell’Arp e altri 5 minuti trascorrono inesorabili.
Finalmente, sci ai piedi, inizio la discesa, seguendo le piste dei due colleghi per portarmi direttamente sul canale della valanga. Quando arrivo sul luogo della disgrazia i primi soccorritori avevano già rinvenuto il corpo della prima vittima, Renato Rosa. Non perdo tempo e inizio la ricerca a monte della valanga. Edel mi segue obbediente, ma non mi sembra molto convinta. Dopo una perlustrazione senza risultato decido di scendere più a valle. Subito noto che Edel è più agitata e dopo alcune corse a zig zag mi accorgo che ormai non poteva sbagliare: girava su se stessa facendo perno con il muso infilato nella neve fino alle orecchie e con le zampe anteriori scavava disperatamente. Mi precipito e infilo la mia sonda nella neve: a circa un metro di profondità sento il corpo del mio caro collega Gigi Panei. Comincio a gridare e una massa di gente accorre sul posto. Dopo qualche minuto il corpo era recuperato. Due medici, presenti nel gruppo dei soccorritori, tentano i primi soccorsi, ma per Rosa e Panei non c’è più nulla da fare. Ormai non rimaneva che il triste compito di riportare a valle le salme.