Perché i ghiacciai arretrano? Una nuova frontiera nella ricerca scientifica

L'Università degli Studi di Milano e Levissima presentano un progetto: la meteorologia glaciale dai poli all'equatore.

 

 

Per la prima volta in Italia, l’Università degli Studi di Milano e Levissima, Gruppo Sanpellegrino, riconosciuta come archetipo dell’acqua e leader di mercato, hanno intrapreso insieme un progetto di ricerca scientifica per sperimentare una strategia di “protezione attiva” di un ghiacciaio.

L’innovativa sperimentazione è stata presentata oggi dal Professor Claudio Smiraglia e da Guglielmina Diolaiuti dell’Università degli Studi di Milano (rispettivamente Presidente e componente del Comitato Glaciologico Italiano) nel convegno scientifico organizzato dalla stessa Università, dal Comitato Glaciologico Italiano e promosso da Levissima, con l’obiettivo di mettere a confronto le più recenti ricerche in ambito di meteorologia glaciale e climatologia di alta montagna dalle aree polari a quelle equatoriali, grazie al contributo di massimi esperti italiani e internazionali.

L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto di ricerca scientifica realizzato sul Ghiacciaio Dosdè, in alta Valtellina, nel gruppo montuoso Dosdè-Piazzi, là dove Levissima ha origine e di cui la stessa ha colto l’importanza per farsi portavoce di un percorso di sostenibilità e sensibilizzazione dell’opinione pubblica su un bene così prezioso come l’acqua, da salvaguardare per il futuro.

I ghiacciai sono sicuramente fra i sistemi ambientali più sensibili ai cambiamenti climatici in atto, dei quali diventano preziosi indicatori. Solo l’analisi di dati meteorologici raccolti sui ghiacciai può permettere di comprendere l’effetto del clima sul loro bilancio energetico e sul loro bilancio di massa. Ma si possono formulare e testare concrete proposte di mitigazione sugli effetti del riscaldamento atmosferico sui ghiacciai alpini? Grazie all’iniziativa portata avanti da Levissima e dal team guidato dal Professor Smiraglia, si è così aperta una strada tutta italiana.

Le operazioni di protezione attiva glaciale sul ghiacciaio Dosdè Orientale (Alta Valtellina, Gruppo Cima Piazzi) sono iniziate il 14 maggio 2008 e si sono concretizzate con la stesura di una parcella sperimentale di geotessile sulla superficie del ghiacciaio (in un’area lievemente pianeggiante compresa tra i 2.750 e i 2.850 m) con l’obiettivo di ridurre l’ablazione, cioè il processo di fusione. Seppure di proporzioni limitate (150 mq), la rotazione annuale della parcella consentirà di preservare una parte di risorsa idrica rappresentata dal ghiacciaio.

Il geotessile (denominato ICE Protector 500) è un materiale caratterizzato da un peso (asciutto) di 500 g. al mq, da uno spessore di 3,8 mm e da una forza massima alla trazione sia longitudinale che trasversale superiore ai 25 kN/m; è un “non tessuto” composito a 2 strati, agugliato meccanicamente e caratterizzato dal fatto di agire come stabilizzante termico ed ai raggi UV, nonché di assorbire i raggi UV impedendo a questi ultimi di raggiungere la neve sottostante. Il materiale in oggetto è stato scelto anche per la sua caratteristica di essere esente da sostanze nocive e smaltibile termicamente.

La sua azione si esplica riducendo il processo di fusione della neve tramite la formazione di barriere termiche tra l’atmosfera e gli strati sottostanti: a fine stagione di ablazione (fine settembre) il telo verrà rimosso dal ghiacciaio per essere ricollocato l’anno successivo su diversa porzione di superficie glaciale e  ridistribuire così il beneficio ottenuto con il suo posizionamento.

“L’idea di coprire neve e ghiaccio per ridurre l’ablazione non nasce per caso, ma è invece basata sia su osservazioni empiriche dei fenomeni naturali sia su conoscenze scientifiche delle leggi che regolano l’equilibrio fra ablazione e accumulo su un ghiacciaio” – afferma il professor Claudio Smiraglia, dell’Università degli Studi di Milano e Presidente del Comitato Glaciologico Italiano – “Le ricerche scientifiche condotte ad oggi hanno dimostrato che se un ghiacciaio è coperto da uno spessore di detrito superficiale superiore ai 30 cm, come è il caso dei grandi ghiacciai himalayani e di alcuni ghiacciai alpini (ad esempio Miage sul Monte Bianco e Belvedere sul Monte Rosa), può efficacemente ridurre l’ablazione anche del 70%. Sulla scorta di questi studi sono nate e si sono sviluppate le ricerche volte alla mitigazione artificiale dell’ablazione che tentano di riprodurre artificialmente quanto in natura avviene spontaneamente”.

Queste metodologie sono tuttavia poco conosciute al grande pubblico e in tempi recenti si sono divulgate notizie soprattutto sugli esperimenti compiuti in ambito alpino limitati ai ghiacciai utilizzati per la pratica dello sci (estivo o invernale). In particolare in Austria, la strategia di copertura della neve con geotessile ha permesso di conservare circa mezzo metro di neve precipitata l’inverno precedente e grazie alla sua persistenza si è potuta escludere completamente la fusione del ghiaccio localizzato al di sotto della neve protetta con il telo. Tali risultati positivi sono stati conseguiti sia nel 2004 che nel 2005.  Il confronto di oltre 40 diversi tipi di materiale ha, inoltre, evidenziato che un geotessile bianco spesso 0,004 m rappresenta la migliore soluzione (per spessore, permeabilità, rugosità superficiale, resistenza alla tensione e caratteristiche termiche radioattive) come materiale di copertura glaciale per ottenere un bilancio di massa localmente positivo. I ricercatori austriaci suggeriscono l’applicazione di queste tecniche a porzioni limitate di ghiacciai alpini da variare di anno in anno per mitigare l’ablazione nelle aree considerate critiche o dove lo spessore si riduce drammaticamente.

“La sperimentazione che abbiamo potuto sviluppare per la prima volta in Italia, grazie alla collaborazione di Levissima, rappresenta un importante contributo per la comunità scientifica: le attuali ricerche finalizzate alla riduzione dell’ablazione di neve e ghiaccio sono da inserirsi nelle strategie di sviluppo socio-economico sostenibile in relazione al cambiamento climatico in atto e ai suoi effetti sulle risorse idrico gladio-nivali” – conclude Smiraglia – “Al termine della stagione di ablazione sarà possibile verificare l’entità della neve preservata (e i corrispondenti litri di acqua) grazie alla copertura attiva e l’effetto sulla superficie sottostante”.

“Questo contributo alla ricerca scientifica rappresenta per Levissima un’importante tassello di quella che è la filosofia aziendale che da sempre ci guida” – dichiara Lorenzo Potecchi, direttore Business Unit Sanpellegrino – “L’acqua è un bene da rispettare, una risorsa da tutelare e soprattutto una responsabilità da assumere. Consapevoli che questa preziosa risorsa è un bene rinnovabile ma non inesauribile, abbiamo scelto come missione quella di garantire all’acqua un futuro di qualità, una missione che si concretizza in scelte, azioni e comportamenti che contribuiscono a salvaguardare il benessere degli individui. Ecco perché abbiamo iniziato questo percorso, proprio dal ghiacciaio che è per noi una sorgente di acqua, un bene naturale che diventerà nei prossimi decenni ancora più essenziale di quanto non sia oggi per la sopravvivenza del genere umano. E’ quindi importante sollecitare una riflessione sull’esigenza di proteggere questo bene e ridurne gli sprechi, anche nei più piccoli gesti quotidiani”.

La necessità di raccogliere dati quantitativi sui flussi termici ed energetici alla superficie di un ghiacciaio, flussi che ne governano la fusione e le conseguenti variazioni di massa ed estensione, è oggi di fondamentale importanza. Un aiuto alla conoscenza di questi dati arriva dalle stazioni meteorologiche permanenti AWS (Automatic Weather Station) che possono essere situate sulla superficie dei ghiacciai su zone di accumulo per consentire una raccolta di dati più lunghi e costanti nel tempo.

Come è noto, la quasi totalità dei ghiacciai alpini (oltre l’80%) sta manifestando chiari impatti del cambiamento climatico in atto e quindi anche per questi ghiacciai interventi volti a sperimentare metodi per limitare intensità ed effetti della deglaciazione sono di indubbia utilità.

Solo recentemente (dopo il 1987) ha avuto inizio un programma di ricerca ad opera dell'Institute for Marine and Atmospheric Research of Utrecht University (IMAU) che ha previsto l'installazione di stazioni meteorologiche automatiche permanenti in area di ablazione glaciale.

Le AWS preparate per questo programma sono sorrette da un quadripode metallico con sostegni mobili appoggiato direttamente sulla superficie del ghiacciaio. Questo tipo di costruzione ha permesso l'installazione delle AWS finalizzate alla raccolta di dati per tutto l'anno delle zone d'ablazione della calotta groenlandese, del Ghiacciaio dell'Hardangerjokulen (Norvegia) e del Morteratschgletscher (Svizzera) (Oerlemans & alii, 2004).

La AWS ubicata sul Morteratschgletscher è servita come esempio prezioso per l'installazione della prima AWS permanente sopraglaciale italiana localizzata in Lombardia, sul Ghiacciaio dei Forni. Nell’estate 2007 per rafforzare la raccolta di dati meteorologici sopraglaciali è stata collocata dai ricercatori dell’Università di Milano, sempre nell’ambito del progetto di ricerca supportato da Levissima, una nuova stazione meteorologica automatica sulla superficie di ablazione del Ghiacciaio Dosdè Orientale. Questa stazione, la più alta in Lombardia su ghiacciaio (2.740 m), permette di raccogliere dati importanti sui flussi termici ed energetici alla superficie del Ghiacciaio Dosdè, uno dei più studiati delle Alpi Italiane. I dati raccolti dalla stazione meteorologica sono risultati altamente rappresentativi di un’area glacializzata alpina: le temperature, misurate dall’agosto 2007 alla primavera 2008 sono oscillate da una massima di +14.7°C ad una minima di -21.5 °C. Particolarmente importanti i dati radiativi raccolti, cioè i flussi energetici provenienti dal sole, che permettono di stimare l'albedo (o riflettività) media della superficie del ghiacciaio, risultata pari a 0.42 (il che vuol dire che il ghiacciaio assorbe e utilizza per la fusione in media il 58% dell’energia solare in arrivo); il valore attuale (con innevamento superiore ai 2 m sull'intera superficie del ghiacciaio) è pari a 0.7 (ovvero il ghiacciaio assorbe il 30% dell’energia solare incidente).

Il confronto dei dati raccolti sul Dosdè con quelli raccolti sul Ghiacciaio dei Forni ha evidenziato un’elevata correlazione tra i segnali meteo registrati dalle due stazioni, nondimeno sono emerse peculiarità locali che suggeriscono di approfondire la conoscenza del settore glacializzato Dosdè-Piazzi.

Infine, nell’ambito di un processo di divulgazione e valorizzazione di cui Levissima si è fatta portavoce, è stato progettato un itinerario naturalistico, denominato “Strada dell’Acqua”, che favorirà l’accostamento alle realtà geomorfologiche e glaciologiche della Val Viola e dei suoi ghiacciai, con l’obiettivo di ampliare la sensibilizzazione dei frequentatori della montagna verso la conoscenza e la protezione di un bene essenziale come l’acqua.  

L’iniziativa è stata svolta anche grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Valdidentro e della Provincia di Sondrio. Il Ghiacciaio Dosdè Est, infatti, non è solo una preziosa risorsa idrica ed un attendibile indicatore climatico, ma è anche un bene ambientale tutelato, essendo localizzato in un SIC (Sito di Importanza Comunitaria) e in una ZPS (Zona a Protezione Speciale) nell’ambito dei siti di Rete Natura 2000 in gestione alla Provincia di Sondrio.

Le ricerche sin qui condotte sono quindi di particolare rilevanza scientifica e vengono svolte nel pieno rispetto dell’ambiente, con l’obiettivo di valutare la possibilità di preservare parte dell’accumulo nevoso e di favorire quindi il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente dell’habitat glaciale.