Valanga cancella una frazione

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Valsavarenche, terrore in alta quota: “Poteva essere una strage”ENRICO MARTINETAOSTA
«Un proiettile gigantesco». Così dicono gli esperti e i vecchi della Valsavarenche. Un balzo di oltre mille metri, il vuoto di giganteschi contrafforti della lontana Grivola, poi il pendio di pascoli coperti da due metri di neve e il devastante impatto con le case. La valanga anomala, sparata da oltre 3 mila metri di quota alle spalle di Dégioz, capoluogo di questa vallata valdostana del Parco del Gran Paradiso, si è divisa in due è ha colpito ville e chalet come fosse radiocomandata. Ieri, dopo quattro giorni di nevicate e nubi basse, il candore gonfio di frazione Les Thoules ha svelato il disastro alle squadre di soccorso che volavano sugli elicotteri della Protezione civile.

Una grande villa annientata che proietta travi e ciò che resta di tre piani verso il cielo azzurro; una più piccola, legno e pietra, piegata in due come fosse il gioco d’un bimbo e altre otto lambite da onde che sembrano paesaggio ma che potevano portare morte. Non un segno di terra, di alberi divelti. I grandi larici sotto i roccioni alle spalle di Dégioz sono tutti in piedi. La valanga non si è ripiegata su stessa, non ha scavato, è scivolata via e si è infranta sulle seconde case costruite lungo una strada stretta e tortuosa che risale verso le antiche frazioni di Nex e Tignet. «Un disastro», dice Pierino Jocollé, sindaco di Valsavarenche. Aggiunge: «La neve di novembre si era consolidata, poi questa nevicata abbondante. Nessuno ricorda una valanga a Les Thoules. La neve si fermava sempre nel pianoro, in alto, questa era una zona fuori da ogni pericolo».

Il disastro di Dégioz è il simbolo di un autunno che per la Valle d’Aosta è unico negli ultimi 60 anni. Otto comuni isolati, venti strade ancora chiuse per pericolo valanghe. L’area del Gran Paradiso (oltre a Valsavarenche, Rhêmes e Cogne), la Valgrisenche, le due vallate del Monte Rosa, Gressoney e Ayas, tutte colpite da nevicate eccezionali. Il presidente della Regione Augusto Rollandin ha dichiarato lo stato di calamità e ieri ha chiesto al Premier il decreto di stato di emergenza per sei mesi. Da domenica la neve cade senza interruzione oltre i 700 metri. La prima tregua è stata mercoledì pomeriggio. Primi voli degli elicotteri della Protezione civile. Ieri si sono alternati in tre per portare aiuto, gruppi elettrogeni, farmaci e viveri. E alcune persone sono state trasportare ad Aosta da Cogne, Gressoney. Dalla stessa Valsavarenche per tre giorni al buio e senza telefoni fissi. Con il Comune collegato al centro della Protezione civile con una radio.

Nella confinante Cogne la valanga non ha evitato i pini, ha raso al suolo un bosco, migliaia di piante spazzate a Buthier, villaggio all’estremità della prateria di Sant’Orso, all’imbocco della Valnontey. Una donna è fuggita di casa mentre il vento della valanga mandava in frantumi le finestre. Era lunedì, il giorno del disastro di Dégioz. Ora la strada di Valsavarenche è stata riaperta, ma soltanto per i mezzi di emergenza. La luce è tornata, i telefoni funzionano e il sindaco lavora senza interruzioni. «Ora tutto dipende dal tempo», dice il direttore del soccorso alpino, la guida Andrea Perrod. Le previsioni indicano temperature in forte rialzo e venti molto forti in quota con il raffiche calde. Condizioni di estremo pericolo per la caduta valanghe.

Ieri però l’indice del rischio è sceso dal massimo, 5, a 4. Significa però che i distacchi spontanei di grandi accumuli sono possibili. Nelle due Gressoney, Saint-Jean e Trinité da lunedì scuole chiuse. Ieri è stata riaperta la strada a Gaby, paese a metà vallata, dove due valanghe hanno ricoperto una galleria di protezione per sette metri. Sono scese 40 persone, turisti che dovevano rientrare.